I dream of Jeannie 1×02: Giulia Fabbri

giuliaHo conosciuto Giulia Fabbri anni fa, quando frequentava il secondo anno della Bernstein School of Musical a Bologna, la prima scuola di musical in Italia, la più intensa e completa a livello professionale. Di conseguenza, chi decide di intraprendere questo percorso di studi sa a cosa va incontro: tre anni di sacrifici, dedizione, studio e ancora sacrifici. In cambio ne riceve una formazione di alto livello, riconosciuta su tutto il territorio e oltre.
I “bsmtini” sono famosi per prendersi molto sul serio. Lo sai tu, lo sanno loro, non è neanche una responsabilità, fa parte della formazione: affrontare il lavoro di performer non per una professione empirica e basata sul divertimento, ma sul lavoro serio e lo studio costante.
Giulia Fabbri non è una bsmtina nel senso stretto del termine. E’ sì una performer professionale e che lavora sodo, ma quanto a prendersi sul serio… non lo fai mai seriamente. Concedetemi il gioco di parole.
E in questo risiede, a mio modesto parere, la sua genialità. C’è chi scava nel profondo dei personaggi risalendo dagli abbissi fino ad arrivare alla superficie, Giulia fa l’esatto contrario, dalla superficie si immerge verso il fondo, rimanendo con lo spirito sul pelo dell’acqua, per tre quarti immersa nel suo mondo e per un quarto con le antenne tese al mondo circostante.
E ovviamente è un’ottima performer a 360 gradi, questo credo fosse sottointeso.
Quello che rende gli intervistati di questa rubrica geniali non è tanto la loro essenza, ma più che altro la loro capacità di elaborare trovate geniali, che sorprendono ma che arrivano. Non alzi le braccia e dici “non lo capisco”, dici “non ci avevo pensato, come ha fatto ad arrivarci”.
E, di questo “come ha fatto” chiedo direttamente a lei”.

Chi è secondo te un genio dell’interpretazione scenica?
Ci sono tantissimi artisti che ammiro e che col loro genio mi hanno ispirata, ne citerò una che ho avuto la fortuna di vedere in scena lo scorso giugno a Londra, nel musical Sweeney Todd, Imelda Staunton, che interpretava Mrs Lovett. La conoscevo solo come attrice cinematografica e teatrale, ed era la prima volta che la vedevo dal vivo… sono rimasta folgorata! A parte la padronanza vocale, ciò che mi ha colpito è stata la sua interpretazione, viva e vera in ogni singolo momento, un metro e cinquanta scarso di donna che da sola riempie la scena con un’energia vibrante, impossibile distogliere lo sguardo da lei! Non saprei come altro definire un’interpretazione geniale, far vivere interamente un personaggio dall’inizio alla fine, dal suo modo di pensare e agire al modo in cui prenderebbe in mano un bicchiere, e far percepire tutta la costruzione che c’è dietro come la cosa più naturale del mondo.

Qual è il tuo processo di immedesimazione in un personaggio? Da quale lato aggredisci la sua personalità per farlo tuo?
Per immedesimarmi in un personaggio cerco semplicemente di mettermi nei suoi panni. E’ molto importante chiedersi da dove viene e quali sono i suoi obbiettivi, tenere ben presenti tutte le informazioni che abbiamo e cercare di agire di conseguenza nelle situazioni in cui il personaggio viene posto. Cerco di rimanere concentrata e di ascoltare molto. Se devo ridere non è che penso a qualcosa di divertente, o a qualcosa di tragico se devo piangere, ( devo ammettere però che se cerco di non ridere, cosa che purtroppo ogni tanto capita, penso alla mamma di Bambi.. ) cerco semplicemente di vivere davvero la scena e reagisco di conseguenza, ovviamente attingo dalle mie esperienze personali, ma è solo un punto di partenza. Una cosa che cerco di non fare mai è giudicare i miei personaggi, trovo sempre qualcosa che mi affascina, che mi intenerisce o comunque mi fa affezionare a loro. Anche se non interpreto il ruolo della protagonista cerco di pensare alla storia come se fosse scritta dal punto di vista del mio personaggio e immagino che in ogni momento che passo in scena il pubblico guardi solo me, semplicemente per ricordarmi che sono personaggio in ogni istante, quando parlo, quando canto ma anche e soprattutto quando sono ferma o sto ascoltando. Per quanto riguarda la personalità del personaggio ovviamente parto dagli aspetti che riesco a comprendere meglio perché mi sono affini o perché semplicemente sono più chiari rispetto ad altri, il resto del lavoro arriva strada facendo. C’è un’altra cosa che faccio quando prendo confidenza con un nuovo personaggio… scelgo il suo profumo! Mi spiego, a casa mia ci sono montagne di campioncini di profumeria, anni fa mi trovai a dover interpretare Marta ne Il Bacio della Donna Ragno, un personaggio piuttosto marginale con una manciata di battute… allora mi sono detta che avrebbe sì parlato poco, ma sarebbe stata curata dalla testa ai piedi, così alle prove e in replica mi spruzzavo un po’ del suo profumo, che in quel caso era un’acqua di colonia di Versace… da allora mi porto dietro questo piccolo vezzo, io mi sento più a contatto col mio personaggio e in più trovo un’occupazione per quella miriade di campioncini che mia madre continua a portare a casa!

C’è un elemento musicale o teatrale/scenico che ti colpisce di più in un personaggio che te lo fa entrare in simpatia?
Beh, c’è sempre in un copione o in una partitura vocale quella battuta che quando la dici ti riempie la bocca e sai esattamente come dirla perché sia efficace, o quella frase che quando la canti ti da particolare soddisfazione, il momento apice del proprio personaggio. E non deve per forza essere il momento focale a livello drammaturgico, per me può anche essere un momento qualunque, un momento che mi colpisce per qualche ragione… per esempio in uno degli ultimi spettacoli che ho fatto, A Little Night Music, il mio personaggio, Anne, mentre sta scappando a fine spettacolo col suo innamorato dice una battuta totalmente fuori luogo riguardo al fatto che odia andare in calesse quando i cavalli non sono eleganti… diciamo che l’essere ingenuamente fuori luogo è una delle sue principali caratteristiche, e ne dice ben di peggio durante lo spettacolo, ma quella battuta l’ho sempre adorata! Nella mia testa ridevo ogni volta!

Negli anni ti ho visto interpretare personaggi di volta in volta sempre diversi ma ognuno di loro aveva qualcosa di Giulia Fabbri oppure ti estranei completamente dal personaggio?
Come dicevo prima sicuramente in ognuno dei personaggi che ho interpretato ho messo qualcosa di me, è normale che sia così perché per esprimere un’emozione dobbiamo partire da ciò che conosciamo, ovvero noi stessi, però quando recito io non sono me stessa, sto raccontando la storia di qualcun altro, io divento qualcun altro. Questa è una delle cose che mi ha sempre affascinato riguardo a questo mestiere. Puoi creare una persona dal nulla, riempirla con quello che vuoi, è una libertà meravigliosa!

Quando ti svesti di un personaggio riesci a liberarti di tutte le sue scorie caratteriali oppure qualcosa lo tieni o ti rimane accanto? Ti è successo?
Non penso di tenermi addosso aspetti caratteriali dei personaggi che interpreto, ma a volte quello che fatico a lasciarmi alle spalle sono le sensazioni, quelle positive e quelle negative… a volte succede e basta, a volte è una scelta inconsapevole, ogni tanto rimanere con la testa sul palco è più semplice che riportarla nella vita reale… ma si sa, chi fa o prova a fare questo mestiere di base un po’ caso umano lo è! Spesso però quello che mi porto dietro è la soddisfazione per un lavoro ben fatto o l’irritazione per un lavoro mediocre, questo per me è fondamentale, sentire di aver lavorato bene. Non per avere approvazione, semplicemente perché mi da gioia.

Quale tua esperienza lavorativa ti ha formato maggiormente?
Penso che per me la più formativa sia stata la mia prima esperienza a livello professionale, ovvero Alice nel Paese delle Meraviglie. E’ stato un battesimo del fuoco per tantissimi versi, ritrovarsi fuori dalle mura dell’accademia catapultata nel mondo reale, fatto di tempi ristretti, del doversi arrangiare, del dover stare al passo sempre, non come obbiettivo ma come obbligo, le aspettative vanno ripagate immediatamente, non c’è tempo ne spazio per l’insicurezza. E poi l’essere sempre pronti all’imprevisto, e in un ensamble senza swing questa è una cosa che impari, sempre pronti ad adattarsi a spazi diversi. E i coveraggi! Durante la tournée mi è capitato di sostituire la protagonista a metà spettacolo sapendolo 5 minuti prima, e di interpretare addirittura il ruolo di Alice bambina.. sono state esperienze impagabili! Inoltre non dimenticherò mai la faccia dei miei colleghi quando mi hanno vista entrare in scena incastrata nel vestito di una dodicenne… queste sono cose che ti restano dentro!

Oltre alla recitazione, al canto e alla danza ti esprimi anche con altre qualità. Ad esempio in You’re a Good Man Charlie Brown hai anche dipinto le scenografie, hai una tua linea di gioielli handmade chiamata in modo geniale “Frivolezze e Colla”. Quale di queste passioni metti al primo posto e quale di queste è venuta prima nel tuo percorso di formazione?
Beh, sicuramente la passione che è venuta per prima è stata quella per il disegno. Dacchè mi ricordo ho sempre disegnato, e i miei studi accademici si sono inevitabilmente rivolti in quella direzione. Mi sono diplomata in pittura all’Istituto d’Arte e ho studiato per un anno scenografia all’Accademia di Belle Arti prima di iscrivermi alla Bsmt, ho avuto quindi l’occasione di imparare tanto sull’uso di diversi materiali e sulle varie tecniche pittoriche. Col tempo però ho capito che non avrei potuto farne una professione, ho sempre messo tanto di me stessa e dei miei lati più nascosti nei miei lavori, non avevo paura delle critiche o di non piacere ma di non essere compresa, e forse non ho mai voluto essere compresa da chiunque.. il disegno è una cosa mia, che faccio per me stessa, e parlo di disegno perché quando lavoro per me raramente uso il colore, di solito lavoro a penna o a matita. Ovviamente però le nozioni che ho acquisito negli anni mi sono spesso tornate utili nella mia “vita teatrale”! L’altra passione di vecchia data è quella per la danza! Ho iniziato a ballare a 8 anni, non con l’idea di doverne fare una professione, a saperle certe cose uno si organizzerebbe ma io da piccola volevo fare un sacco di mestieri improbabili, dalla violinista all’astronauta, di certo non la Performer! Quindi ho studiato per un sacco di anni, ma senza vedere delle effettive possibilità per me, e senza essere mai particolarmente incoraggiata dalle mie insegnanti, lo facevo perché mi faceva star bene. Poi arrivata alla Bsmt mi sono mangiata le mani, avrei potuto sfruttarli meglio quegli anni di studio, ma l’idea di farne una professione non mi aveva mai sfiorato nemmeno l’anticamera del cervello! Fino a 16, 17 anni, non mi ero neanche accorta di essere intonata, non ci avevo mai fatto caso… capitò che una mia amica facesse parte di questo gruppo teatrale amatoriale, mi convinse a prenderne parte… e io scoprii che ero portata ma soprattutto che mi piaceva da morire! E da quel momento cominciai a studiare canto, per finire poi con l’iscrivermi alla Bsmt. E direi che l’ultima arrivata, la passione per il teatro musicale, è quella che mi ha conquistata… mamma mia che pistolettata che sto sparando! Comunque il concetto è che amo creare, con le mani e con tutto il corpo, e ho fatto del creare la mia scelta di vita perché non credo che potrei essere soddisfatta altrimenti… o almeno ci provo!

Quanto conta l’ironia nel tuo lavoro?
Conta tantissimo, permette di cogliere le sfumature. E poi rende tutto più divertente! E soprattutto conta l’autoironia. (questa te la sparo secca se no più che un’intervista diventa un atto unico!)

Quali sono le doti imprescindibili di un artista geniale?
Direi che per essere un artista geniale la cosa proprio imprescindibile sia… il genio. Bene, diamo tempo al lettore di riprendersi dopo lo scoppio di ilarità suscitatogli dal mio humor inglese. Non so quali debbano essere le doti di un artista geniale, so però che tutti gli artisti che ritengo geniali hanno in comune l’intuizione giusta e la giusta maniera di realizzare il proprio pensiero, su un palco, in un libro o su una tela.

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